ZUCCO ORSCELLERA - VIA CORNA ROSSA
Moggio – B.te Cornisei – Prato dell’Orso – Zucco Orscellera – B.te Cisterna
- Difficoltà :
Intero Itinerario : Percorso Escursionistico T2
Indicazioni : Buone;
Bollatura : Recente;
Traccia : Pista, sentiero;
Corna Rossa: Percorso per Escursionisti Esperti T3-
Indicazioni : Assenti;
Bollatura : Assente;
Traccia : labile, a tratti assente;
- Tempo di salita : ca 2.5 [h]
- Dislivello positivo : ca 1000 [m]
- Periodo consigliato : Aprile – Novembre
Questo itinerario, pur tecnicamente facile, non esposto e dalla intuitiva navigazione che non necessita di particolari condizioni di visibilità, è perfetto per muovere i primi passi fuori traccia.
- Disponibilità acqua : Nessuna
- Appoggi : Piani di Bobbio
- Data di stesura relazione: Fine anni dieci.
Itinerario iniziatico; dal finale rivelatore.
Itinerario iniziatico; dal finale rivelatore.
DESCRIZIONE: Partenza da Moggio. A metà dello sviluppo di via Roncaiolo tra il suo inizio a centro paese ed il fondo chiuso, una ripida pista cementata ve ne si stacca puntando a monte. Ben presto questa spiana, attraversando la faggeta con pittoreschi passaggi ricavati nella roccia friabile. Un canale percorso da un corso d’acqua prelude alla salita per raggiungere i soavi pascoli delle Baite Faggio tra i quali il serpeggiare della pista si fa più che amabile. Raggiunta una fila di baite, defilate dal percorso principale e che lambiscono l’ultimo prato a monte, si traversa decisi in loro direzione reimmettendosi nel bosco. Si incontra la solitaria Baita Ronco e l’uscire dalla selva in corrispondenza della marcata costa è la liberazione da un disagevole traverso tra la vegetazione opprimente. Si è alle Baite Cornisei, sparse e biancheggianti sul verde pendio. Oltre, gli spogli e squadrati profili dello Zucco Orscellera occhieggiano in nostra direzione.
Si risale la marcata dorsale, in vero cresta sud dell’Orscellera. Dolce e morbida, è contesa tra i solivi prati a sinistra e l’ombroso bosco da cui si proviene a destra. Giunti alla sella di Aquadela, di nuovo sotto la protezione della faggeta, si intraprende un traverso in falso piano verso destra. Al successivo marcato bivio si prende a sinistra rimontando più decisamente le fitte betulle. Se ne esce in corrispondenza di un’apertura che ospita uno slavacc (pozza per abbeverare il bestiame). Proseguendo verso ovest si raggiunge il Prato dell’Orso che la tradizione vuole legato ad uno degli ultimi esemplari di plantigrado che hanno calcato le nostre montagne. Questa concava radura, contenuta verso valle da una panoramica onda del pendio, è butterata da grosse e ben delineate imperfezioni del manto erboso. Sembra davvero che il più maestoso dei mammiferi carnivori abbia qui lottato contro una bestia sua simile o contro una poco convita preda lasciando disordine ed enormi impronte ovunque. La mente vola lontano in un tempo antico ed indomabile, in una natura primigenia ed intatta dominata dalla semplice legge del più forte e del più astuto. Un equilibrio perso per sempre dal quale poco intelligentemente ce ne siamo sottratti; rompendolo come farebbe un bambino capriccioso e risentito con uno splendido giocattolo che non può avere tutto per se.
L’oscurità del bosco ad ovest fa rabbrividire; un orso sembra sempre sul procinto di uscirne per fare di noi un capro espiatorio di troppi secoli di stoltezza. Da bravi colpevoli, la fuga è sempre verso l’alto. Un’apertura della macchia lascia intravedere l’intero sviluppo di una lunga spoglia cresta al termine di una più prossima ripida rampa. Risollevati dalla possibilità d’espiazione offerta la si attacca frontalmente su labile traccia. Ben presto questa si perde in un dedalo di pungente erba, arbusti e rocce rotte ma la direzione data dalla massima pendenza non è interpretabile diversamente. Al termine della prima erta rampa, una lunga schiena si profila davanti agli occhi. Il seguirla, faticosamente deliziati, di nuovo su traccia, tra spazi aperti, permette sempre di accorgersi del mutare dei giochi di luce sulla suggestiva muraglia rocciosa, fatta di torri e canali, dello Zuccone Campelli che si staglia possente all’orizzonte.
La cresta della Corna Rossa, così si chiama. Essa termina raggiunte le morbide ondulazioni sommitali del grande e segnato bacino del sicuro parco giochi organizzato (soprattutto invernale) dell’altipiano dei Piani di Bobbio. Il proseguo della salita fino alla cima dell’Orscellera è una pura formalità da sbrigare in compagnia dell’ingombrante pista di servizio alla seggiovia adorna a volte anche con le reti di protezione del ciglio per gli sbadati sciatori. La croce di cima, obliata dal complesso di costruzioni della stazione d’arrivo, è un pregevolissimo pulpito panoramico su tutta la Valsassina da condividersi con l’efficientissimo occhio della webcam che toglie anche la banale scusa della vista alle motivazioni della salita. Un altro occhio artificiale coglie la nostra attenzione; il grande bacino di raccolta dell’acqua necessaria ai cannoni sparaneve, nei pressi del rifugio Lecco, ci scruta dal basso con sguardo vuoto, vitreo e turchese. I nostri di occhi invece, si ubriacano con la magnifica conca dello Zuccone Campelli, con il Pizzo Tre Signori che fa capolino oltre la cresta del Passo del Toro, con i lontani Legnone e Pizzo Alto, con le Grigne e tutto il comprensorio del Resegone.
E’ venuto il momento di andare. La cresta Nord Ovest ci prende in consegna con la sua ripidità e con il suo terreno ostico. Puntando ad un impattante costruzione paravalanghe in cemento armato si giunge ad una baita in legno ed ad una nuova gippabile che conduce dai Piani di Bobbio a quello che un tempo era l’arrivo della vecchia funicolare, sempre proveniente da Barzio. Le sventrate scheletriche spoglie dell’enorme Hotel Pequeno ci accolgono spettrali. Dalla sua scrostata balconata, la tristezza dell’immenso salone al piano terra ingombro di masserizie e pattumiera, il vuoto che fuoriesce dalle finestre sfondate e il sordo riverbero della sua facciata con gli sbriciolati rossi mattoni in vista sono solo in parte ricacciati indietro dalla superba vicinanza delle Grigne, oltre la Valsassina che si dispiega longilinea più in basso. Il veleno non riesce ad andare in circolo, ma la ferita è ancora infetta.
Un sentiero serpeggia verso valle. Lasciati i morti piloni e le stazioni intermedie della vecchia funivia al più diretto percorso in cresta verso la bucolica Baita Masone, si procede in direzione di Concenedo – Moggio. La natura sa essere un balsamo inestimabile per l’anima e presto, di nuovo nel bosco, si è già dimentichi di tanto orrore. Ad un marcato bivio si abbandona il sentiero principale deviando a sinistra per percorso pianeggiante. Le incantate Baite Cisterna ci accolgono a metà di questo lungo traverso diretto alla sella di Aquadela.
Poco più oltre, dopo una nuovo tuffo nella macchia, un solitario squisito prato sarà la prova lampante di quanto si sta per penetrare. Oggi, una goccia, la prima, o forse solo un’altra, ha trovato la sua strada per l’incolmabile cisterna che ci è stata saldata addosso a fanciullezza scaduta. Essa non porta consolazione, né soddisfazione. C’è un’immensità di umanità da scoprire e c’è una degna strada per farlo. Alla fine, l’orlo dovrà esser pieno. La commozione sta nel sapere per certo che sarà un traguardo irraggiungibile, ma non impossibile!
VIE DI FUGA : Non necessarie.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : La relazione è completa di discesa.
CURIOSITA : A circa metà sviluppo della cresta della Corna Rossa, sul versante occidentale dello Zucco Orscellera, generalmente è possibile notare, in particolar modo dai paesi in valle, una enorme stella alpina. Ottenuta rasando i bassi arbusti che ricoprono il pendio, è un’opera artistica che ha bisogno d’esser rinnovata ogni anno per poter essere ammirata.
APPROFONDIMENTI
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
- Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”
Sentieristica di Moggio abbastanza sommaria. Prato dell’Orso non indicato. Traccia della Corna Rossa correttamente non rappresentata.
RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :
- on-ice.it : “ZUCCO ORSCELLERA” di Pierpaolo
Precisa e oggettiva cronaca di gita.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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