VIA DUCALE TRA LECCO E ABBADIA
Lecco (Santo Stefano) – Muro delle Caviate – Torraccia – Porta Calodria – San Martina
Difficoltà : Percorso generalmente per Escursionisti T2 (deviazione alla Porta Calodria T3/T4)
Indicazioni : Sentiero del Viandante; assenti per i resti della Via Ducale.
Bollatura : Sentiero del Viandante; assente per i resti della Via Ducale.
Traccia : Sentiero; vedi relazione per i resti della Via Ducale.
Tempo di percorrenza : ca 3 [h].
Dislivello positivo : ca 300 [m]
Periodo consigliato : Autunno/Inverno.
Queste deviazioni dal nuovo tratto del “Sentiero del Viandante” tra Lecco ed Abbadia Lariana sono ad esclusivo appannaggio di appassionati di Storia e Territorio. Difficile apprezzarle nello stato di profondo triste (tristissimo) abbandono in cui versano, per lo squallore del contesto in cui si inseriscono e per il non intuitivo percorso per raggiungerle.
Disponibilità acqua : Lecco/Abbadia.
Appoggi : Ferrovia.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
Prima della SS36, della ferrovia e della Strada Militare degli austriaci, tra lecco ed Abbadia (ma anche oltre, lungo il lago) correva la Via Ducale. Di quello storico tracciato – che affonda le sue radici del suo nome a quando Milano era capitale del suo Ducato e quando l’economia e la guerra passavano più agevolmente dalla Valsassina – non restano che isolati sgraziati segni. Tutto il resto infatti è stato spazzato via; sacrificato ad una modernità sempre più esigente nella sua richiesta di spazi fisici e culturali nei quali correre ciecamente e far terra bruciata. Oggi l’andare a ricercare quanto di poco è scampato, ovvero il tornare a muoversi consapevolmente in un foglio dai molti tratti segnati ed in cui le ultime linee tracciate non hanno lasciato più quasi spazio per farlo, è atto di fede e di devozione – il valore aggiunto a quel “Viandante” che ha tentato, nel possibile, di ridare una nuova dignità pedonale ad un mondo meraviglioso ma che, in definitiva, resta ancora irrimediabilmente perduto.
Prima della SS36, della ferrovia e della Strada Militare degli austriaci, tra lecco ed Abbadia (ma anche oltre, lungo il lago) correva la Via Ducale. Di quello storico tracciato – che affonda le sue radici del suo nome a quando Milano era capitale del suo Ducato e quando l’economia e la guerra passavano più agevolmente dalla Valsassina – non restano che isolati sgraziati segni. Tutto il resto infatti è stato spazzato via; sacrificato ad una modernità sempre più esigente nella sua richiesta di spazi fisici e culturali nei quali correre ciecamente e far terra bruciata. Oggi l’andare a ricercare quanto di poco è scampato, ovvero il tornare a muoversi consapevolmente in un foglio dai molti tratti segnati ed in cui le ultime linee tracciate non hanno lasciato più quasi spazio per farlo, è atto di fede e di devozione – il valore aggiunto a quel “Viandante” che ha tentato, nel possibile, di ridare una nuova dignità pedonale ad un mondo meraviglioso ma che, in definitiva, resta ancora irrimediabilmente perduto.
DESCRIZIONE: Partenza da Via Santo Stefano, Lecco. Sotto la fragile imponenza della Parete Rossa del San Martino sento tutta la sopita identità del Santo Dormiente e della plaga di terra che chiamo casa.
Alla mia sinistra infatti, cintata da reti e mura, asfissiato da ville, il Colle di Santo Stefano cela i diseredati resti del “Castrum Leucum”, prima pietra d’angolo di Lecco. Perché non posso liberamente recarmici in pellegrinaggio? Questo chiedo ora ai miei precedessori, concittadini su questa bella Terra, accecati nella loro vita da cose più redditizie tramutatesi presto però in un evanescenza dalle concretissime brutture.
Lasciata alle spalle la selva di condomini, una curva a sinistra mi porta sulla stretta Via Stelvio – un tempo percorso unico per il nord. Al termine della stessa, una scaletta di sassi ricavata in un terrapieno ad ostruzione del vecchio tracciato diretto al lago mi porta sul percorso del Sentiero del Viandante. Piegando leggermente verso sud, una larga traccia di servizio mi conduce a transitare a perpendicolo di un muraglione oscenamente mangiato dalle reti paramassi alla mia destra. Mi trovo di fronte al muro delle Caviate; Vallo un tempo disteso dalle vive rocce del Monte fino al Lago con un’altezza variabile dai tre ai quattro metri. Appoggiato ad uno dei suoi massi sporgenti di sostegno alle sentinelle, lo sbirciare verso Abbadia da una delle sue feritoie mi regala un brivido di potente ferocia.
Il tornare a procedere verso Abbadia significa il non poter far altro che seguire fedelmente il Viandante. La Via Ducale, posta probabilmente all’altezza della ferrovia, è totalmente perduta ed il nuovo percorso per “pellegrini 2.0”, per quanto si sforzi con le sue sincere viste panoramiche in cui però lo sberluccicare del lago non copre i cavalcavia della Super e le cave del Moregallo, non mi permette di dimenticarlo.
Comunque, lunghi sali scendi, a tratti dolci e a tratti ripidi, portano velocemente a far strada.
Una tracciolina di bolli rossi tra il verde, ripida ed umida, consente di scendere nella Val di Gessima e di passare sotto ad un enorme arco di mattoni della linea ferroviaria. Lasciato il sentiero che di lì a pochi metri deposita ad una piazzola d’emergenza dello svincolo Abbadia della SS36 o (nel passare per uno spaventoso angusto tunnel sotto le corsie) ad una spiaggetta, si inverte la rotta tornando a risalire piegando verso destra. Bei gradini di sasso ed una scalinata portano ai binari nei pressi di un fatiscente casello cantoniere ferroviario inghiottito dalla lussureggiante vegetazione. Poco oltre, in direzione NO, eccola; la Torraccia d’incubo ad antica prima protezione di Lecco; un oscuro monolite di pietre ammontonate emerso dai rovi e dai gorghi del tempo. Lo sguardo che mi lancia dalla sua sguercia finestra mi permette di vedere il cielo oltre il lago e la luce che vi filtra sembra rischiarare secoli di tenebra abbacinandomi da lontananze siderali.
Ritornato sul Viandante è ora di scendere verso Abbadia. Transitando sui terrapieni ad di sopra delle canne della Ferrovia prima e della super poi, coadiuvati da scale, si giunge alla triste spiaggetta ghiaiosa a sud del Monte di Borbino. Sull’asfalto rotto ed inerbato del vecchio sviluppo (quello senza gallerie) della Statale, tra reti paramassi e ed un lido che sembra fatto più di immondizia minuta che di ghiaia, lo struggimento per quanto perduto giunge al picco. Come si fa a sentire la mancanza di qualcosa di cui non si ha manco concezione? Certo di trovare conforto nella selvaggia vista delle arcigne rupi che mi sovrastano, vi scovo la sagoma d’un muro di sassi abbarbicato su d’un roccione a strapiombo. Il raggiungerlo su percorso poco intuitivo tra le reti e vecchi pali di linee elettriche mi fa ripercorrere forse l’unico tratto di Via Ducale rimasto; ovvero quello che, bypassato dai difensori di Borbino il tratto “normale” sul lido con un probabile ponte levatoio, costringeva gli assalitori provenienti (come me) da Lecco ad incunearsi indifesi su d’una ripida cengia erbosa protesa sul vuoto – sormontata in cima da un muro chiuso da una Porta chiamata Calodria.
Da lì, vestiti un attimo i panni del difensore di Abbadia e scrutata la Torraccia dalla feritoia a sinistra del varco, capisco veramente quanto poco siamo cambiati nella nostra umanissima propensione ad ammazzarci a vicenda.
Disceso di nuovo al lido per un solo accenno iniziale di larga traccia, sbuco presto sulla Provinciale 72 che, attraversata, mi porta al capolinea di questa Avventura.
Qui, alla chiesetta di San Martino dalle porte e finestre murate, vicino a colei che porta lo stesso nome dell’amato colosso che ho lungamente fiancheggiato, lascio sorgere nel mio cuore un’ultima domanda. La pietra scartata della Storia diventerà mai pietra d’angolo? Ma il dovere di rendere la propria Terra accogliente ed attraente non può che essere il rovescio della medaglia nel diritto di renderla, alla bisogna, inospitale ed inaccessibile.
VIE DI FUGA : Non necessarie.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO : Medesimo itinerario o ferrovia.
OSSERVAZIONI: La Torraccia è stata messa in sicurezza da rabbocchi di mattoni che ne impediscono totalmente l’accesso. Il suo declino ha trovato compimento nella dinamite austriaca usata, a cavallo degli anni 20-30 dell’ottocento, che ne demolì la struttura a lato verso il lago per far passare la Strada Militare.
APPROFONDIMENTI
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
• Paolo Giovio “CARTA MANOSCRITTA DEL LARIO” – 1537
Mappa qualitativa ma dall’iniscutibile fascino. “Calodrie augulfie” posta prima di S.Martinus nella penisola Roborea di (Abbadia)/Borbinum. Nessuna indicazione della Torraccia ne del Muro delle Caviate.
• Carta 1:20000 “Gruppo delle Grigne” – versione anni 30
Zona rappresentata “orograficamente” corretta.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
• Paolo Giovio “Descriptio Lacus Larii” – 1559
Chiara indicazione della Porta Calodria. “…da una rupe aspra e spoglia [del Monte edi Borbino] scende[da S.Martino] sino al lido una strada militare cosi stretta che a difesa vi si può impedire l’accesso tramite una Porta detta Calodria.”
• Giovanni Pozzi “Guida alle Prealpi di Lecco” – 1883
Nell’escursione tra Lecco ed Abbadia citate “porte” (Muro delle Caviate, Torraccia e Calodria?)ad interrompere il vecchio percorso – “semplice mulattiera” rispetto alla nuova “bella e pregiata” strada militare del lago.
• Cesare Alippi – “L’arte della guerra sul Lario a cavallo dei secoli 11 e 12” & Angelo Borghi – “Le Fortificazioni di Lecco”
Nessun aiuto dal presente per raggiungere i luoghi descritti.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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