VAL CALOLDEN DALLA RIVA GRANDE
Pomedo in Lecco – Piazzola – CostaDorna – Valle del Co del Luf
Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T3- fino in CostaDorna.
Percorso per Escursionisti Esperti T4 dalla CostaDorna fino in Calolden.
Indicazioni : Assenti.
Bollatura : Assente.
Traccia : Sentierino fino alla CostaDorna – Labile oltre; parzialmente assente nei pressi della Calolden.
Tempo di salita : ca 3 [h] per l’intero giro.
Dislivello positivo : ca 500 [m]
Periodo consigliato : Inverno.
Itinerario intimo ed appartato per scoprire, un’altra volta ancora, quanto le zone bianche delle mappe non lo siano mai davvero fino in fondo. Foglia caduta (per scovare la Via e godere degli impagabili scorci panoramici) e freddo (per debellare la presenza di flotte di zecche) caldamente consigliati.
Disponibilità acqua : Fontanino del Co del Luf (se trovato).
Appoggi : Nessuno.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
L’antico sentiero della Val Calolden, da Laorca ai Resinelli, fu onorato, nella sua storia più recente, dall’esser stato calcato da quei Grandi Eroi diretti alle guglie di Grigna per scrivere alcune delle più eroiche pagine dell'Alpinismo. Ma quegli inimmaginabili giorni gloriosi sono ormai andati. La cultura montanara che volle quello ed altri minori camminamenti persa del tutto. Qui voglio approdare al cuore della Val Calolden dal più obliato di essi; da quella Riva Grande che sorregge i Lagarej di Ballabio sopra la Val Pozza.
L’antico sentiero della Val Calolden, da Laorca ai Resinelli, fu onorato, nella sua storia più recente, dall’esser stato calcato da quei Grandi Eroi diretti alle guglie di Grigna per scrivere alcune delle più eroiche pagine dell'Alpinismo. Ma quegli inimmaginabili giorni gloriosi sono ormai andati. La cultura montanara che volle quello ed altri minori camminamenti persa del tutto. Qui voglio approdare al cuore della Val Calolden dal più obliato di essi; da quella Riva Grande che sorregge i Lagarej di Ballabio sopra la Val Pozza.
DESCRIZIONE: Partenza da Pomedo, Lecco. Sulla curva della SP62 una viuzza vi si immette dall’altro lato della strada, opposta al parcheggio. Imboccatola si prende subito un angusto viottolo pedonale sulla destra il cui fondo malmesso anticipa il suo confluire nell’acciottolato Via Val Pozza. Questa maestosa mulattiera dal sedime spesso rabberciato attraversa soave gli scampati prati e le isolate case tra l’omonima sua valle a destra e la Provinciale 62 a monte. Rapito dall’imponente mole della CostaDorna e del lontano contrafforte del San Martino – Coltignone quasi non mi accorgo d’esser finito di nuovo su asfalto.
Vicino allo sfrecciare delle auto salgo in loro compagnia fino al successivo tornante steso sulla Val Pozza. Attraversata d’un fiato la carreggiata sono su una breve cieca pista sterrata al cui termine sono accolto da arbusti e rovi che celano un’oscena distesa d’immondizia.
Perché posti così facili da raggiungere ma appartati celano sempre tanta inciviltà e bassezza? Forse che questo boschetto che cela la vista dalla strada evochi per troppi il ricordo della tenda dell’urna elettorale o del confessionale?
Pochi passi e sono in un bel bosco pulito, tutto immerso nel fiancheggiare un lungo muro a secco. Una volta ed un traverso e sono alla rimaneggiata cascina Piazzola. Qui termina la mulattiera un tempo proveniente fin dalla Piazza di Ballabio e che invece oggi giunge solo poco più in là di dove sono ora, ovvero fino alla Cascina Costa alla fine di via Dante.
Per breve salita sono al cospetto del metallico ponticello sulla Val di Naone, prima del suggestivo tratto sulla cengia scavata della sinistra idrografica della Val Pozza. Io volto invece le spalle alla direzione suggerita imboccando un sentierino che si immette in leggera discesa sulla mulattiera che sto calcando.
Seguendolo in leggera salita approdo alla cicatrice mai rimarginata dello scavo per il metanodotto che supero su un amorevole tratto sorretto da pietre bendisposte. Ben presto sono sulla Riva Grande di CostaDorna e il panorama che mi accoglie è tutto dominato dall’intaglio della Val di Ballabio, tutto stretto tra la completa trapezoidale forma del Due Mani e l’informità del Melma, travolto in lontananza dalle muscolose propaggini boazzine del Resegone e dalle verticalità di Pizzo e Corna d’Erna.
Per lungo traverso, inframmezzato di saliscendi tra aperture e ricadute nel fitto bosco di roveri e carpini, sfilo sotto una larga fascia rocciosa che prelude all’uscita sul sentiero di CostaDorna all’altezza del suo primo impattante ospite d’alta tensione. Ho finalmente schiuso la vista sulle Saine del Parco Valentino ma il fedele sentierino seguito fino a qui non sembra più così convinto di proseguire a mezzacosta fino a dove mi aveva promesso di portarmi.
Per labile traccia, inserita tra boschetti malamente ripuliti dagli addetti alle linee elettriche, proseguo in falsopiano fino ad una prima spoglia dorsalina con rudimentale trespolo di cacciatori affacciato sulla Val Calolden. Ora, perfettamente parallelo al corso del Gerenzone giù là sul fondovalle, procedo sulla rugosità di questa mezz’altezza di CostaDorna fino alla biforcuta Val Brech, oltrepassata la quale ancora si scova il diroccatissimo uscio d’un ricovero d’emergenza costruito poverissimamente a secco su d’un terrazzamento artificiale.
La traccia s’incunea allora in un intaglio che deposita ad un mosso pianoro, ricco di una vita umana perduta; percepibile ma a me indecifrabile. Mappe alla mano però la traccia si spingerebbe in piano fino alla vicina angusta Val del Co del Luf ma è un percorso delicato che non porta praticamente a nulla. Meglio invece prendere una rapida serie di accennati antichi tornanti che, tra piante schiantate e l’atterrata corda di ferro d’un palorcio porta a raggiungere il corso d’acqua della Valle Testa di Lupo alla sua foce.
Una mite fonte mi accoglie qui, poco discosto dal guado incontro di mezza via tra il Gerenzone e il sentiero della Val Caloden. Funtanin de Co de Luf ti chiami; sotto ardite torri di dolomia un’umile lamina di ferro conficcata nella roccia. Tu mi aiuti a portare poche preziose gocce d’acqua alla mia bocca dalle mia mani; per placare, sia solo per un momento, la mia inestinguibile sete.
Ma quali inebrianti sorsate di te che mi regali, oh Vita, “in del menam per brech!” Qui ritrovo il mio tempo, lontano da insensati confronti con i tempi andati d’ogni epoca.
VIE DI FUGA : Sentiero della CostaDorna.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : Val Calolden.
APPROFONDIMENTI
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI
RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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