PIANCHE FIURIDE - BARECK DE TAEC DA LA VAL DA LEEN

Premana – Capvrecol – Leen – Bareck de Taecc

  • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : sentiero, labile o assente;

  • Tempo di salita : ca 5 [h]

  • Dislivello positivo : ca 1200 [m]

  • Periodo consigliato : Autunno.

Orografia complessa e difficile, terreno tecnico e faticoso, ambientazione aerea e grandiosa. Buona visibilità e terreno asciutto requisiti fondamentali. Esclusivamente per avventurieri seri, preparati e doverosamente equipaggiati.

  • Disponibilità acqua : ultima fontana a Cavrecol

  • Appoggi : Nessuno.

  • Data di stesura relazione : Primi anni venti.

L’Alpe Cavrecol, posta all’ingresso dell’incantevole circolo sommitale della Val Fraina, nasconde alle sue spalle un’aspra e selvaggia valle; in arrivo a rotta di collo dalla cresta occidentale dol Rodont. Il suo nome sfugge dalla cartografia; carte che pure, a volte, vi riportano bizzarramente sopra lo storico perduto percorso per il segnato bivacco intermedio dell’Alta Via. Fantasia ed errori a parte, questa è la Val da Leen; toponimo mutuato dal nome di un’antica sosta (stalla) sulla perduta Via delle Pianche Fiuride per il Bareck (ricovero provvisorio per uomini e bestie) de Taecc. Bruciamo quindi gli stantii consigli di seconda mano ed approdiamo alla Verità. Sbarchiamo nel mito; rispondiamo alla Chiamata!

L’Alpe Cavrecol, posta all’ingresso dell’incantevole circolo sommitale della Val Fraina, nasconde alle sue spalle un’aspra e selvaggia valle; in arrivo a rotta di collo dalla cresta occidentale dol Rodont. Il suo nome sfugge dalla cartografia; carte che pure, a volte, vi riportano bizzarramente sopra lo storico perduto percorso per il segnato bivacco intermedio dell’Alta Via. Fantasia ed errori a parte, questa è la Val da Leen; toponimo mutuato dal nome di un’antica sosta (stalla) sulla perduta Via delle Pianche Fiuride per il Bareck (ricovero provvisorio per uomini e bestie) de Taecc. Bruciamo quindi gli stantii consigli di seconda mano ed approdiamo alla Verità. Sbarchiamo nel mito; rispondiamo alla Chiamata!

DESCRIZIONE : Partenza da Premana, parcheggio di Via Martiri. Imboccare la dolcissima mulattiera per Faee oggi è doloroso. Da troppo tempo ormai una traccia varia e delinquente segna nei miei sogni e nella realtà cartine approssimative mentre latita dalle più accurate; spero solo di confutarla presto. Con questo ed altri pesanti pensieri, Creghencighe e Luere sfilano ovattate sullo sfondo mentre Mosniik, poco sotto il fondo selciato che sto calcando, sembra lontana come non mai. Di Faèe e Domànt quasi non me ne accorgo scoprendomi già al Piazz. Lunghi passi in falsopiano mi portano davanti alla cappella di Sasorc e dopo molto altro cammino ad incontrare ed attraversare la bretella per Cavrecol della pista per Fraina. Una scalinata di sasso mi conduce ad un cancelletto affacciato sui verdi prativi ai piedi dell’Alpe. Un manipolo di baite di sasso fronteggia, come spartani alle Termopili, lo stretto intaglio della Val da Leen da cui si propaga verso l’alto una follia sospesa d’erba, roccie e legno.

Senza alzare lo sguardo al cielo corro al riparo tra le strette viuzze acciottolate dai molti fontanili incastonati. Enormi cacofonici massi lambiscono le costruzioni. Uno di essi, immenso e silenzioso, affianca regale un dolce e rustico fontanile. Acqua tersa dal sapore di neve scroscia in un tronco di larice cavo adornato ai fianchi da merletti d’acciaio intagliati con delicati motivi floreali mentre, tutt’intorno, verdi cime coronano l’orizzonte sopra Fraina. Non manca nulla in questo soave quadretto. Peccato non vi sia spazio per me.

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Tra i sassi a monte dell’abitato un sentiero sale deciso rasentando il torrente. Dopo un’ampia ansa con la quale finalmente guada, ecco alla mia destra una longilinea bianca sagoma infiammata dalle prime luci del giorno. Un’alta croce, realizzata con due semplici tronchi scortecciati ed incrociati, si staglia da sopra un marcato minuto promontorio contro i neri verticali profili boscosi delle foreste d’abete bianco del Pizzo Cavallo. La raggiungo e l’abbraccio come fosse di familiare carne.

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La sua forza sta nella fragilità con cui si impone tra le possenti balze rocciose di Colomp e di Granoon che a quest’altezza strozzano la valle. Con umiltà lei resta eretta, fronteggiando e sublimando lo spaventoso grandioso spettacolo che la circonda. Un fulgido e mite esempio, molto più di tante celebrate ed impattanti croci di vetta.
Sul verde poggio a lei prospiciente trova spazio la sosta di Leen; un lungo stallone di sasso e dal tetto di piode. Ai suoi piedi prosegue il sentiero per un nuovo guado e per una breve risalita in un’ora più aperta valle. Ad un tornante si inverte la direzione risalendo la Costa della Scepine (sinistra idrografica) entrando nel bosco. Alcuni attorcigliati tornanti la risalgono fino ad un paio di maestosi ajali sorretti da mura a secco. Un lungo aperto traverso apre un’immensa larga cengia prativa con pittoreschi passaggi intagliati nella roccia; il tutto sospeso su una Val da Leen fattasi spumeggiante ed inavvicinabile.
Ad una sorgiva si riprende a salire per vaghe serpentine raggiungendo e superando così una prima poco marcata costa. Alla successiva si sale fino ad attestarsi su d’un longilineo prato incuneato a ridosso d’una fascia di roccia e dove il sentierino si perde. Qui, tra un larice ed un tremel, le Pianche Fiuride fanno il loro trionfale ingresso nella mia povera mente reclamando tutte a sé attenzione ed immaginazione. Bene, sono perduto.

Come falena vengo attratto dalla luce che mi inonda gli occhi. Una labile traccia prosegue verso nord attraversando poco convinta un canaletto e depositandomi ai piedi del miseri resti del Baitel di Asen. Oltre, sempre più titubante, procede in piano verso una selletta che dà inizio alle danze vere e proprie con un delicato traverso su paglioni screziati da ogni specie immaginabile d’arbusti.
Raggiunto il fondo roccioso della Val da Leen la traccia scompare definitivamente; non che voltato però lo sguardo si scopra molto di più di quanto son chiamato a fronteggiare. Con esposto traverso su sciarnioon (erba di magro pascolo), sospeso sulle verticalità della vallaccia, si deve raggiungere il largo concavo centro delle Pianche, fiorite poco più sopra di splendidi esemplari di larici.
Con l’alzarsi della quota ed allontanandomi sempre più dal pericolo dell’alveo, scorgo la flebile traccia percorsa fino al torrente. Subentra così un minimo di tranquillità sulla ripidità impressionante che son chiamato a calcare e sulla quale spicca ora il bianco eretto scheletro d’un secolare larice. La memoria corre subito alla Croce di Leen. Croce d’Uomini l’una e Croce di Natura l’altra.
Salendo e salendo i dubbi si ammassano gli uni sugli altri. Come uscire da qui? La cresta si presenta spaccata ed imprendibile. Arrivatole appresso comincio a traversare verso ovest scoprendovi una mesta possibilità di prosecuzione in piano. Superato un canale dall’orrida visuale a valle punto una larga rampa volta al cielo. Non si potrà mai essere preparati a certi spettacoli; neanche se nello zaino ci sono già molte ardite Vie e molte Primavere ben spese. Ecco il famoso “passaggio”, uno stretto lembo di paglia a ridosso della parete rocciosa e sorretto a valle da due imperiosi corni di roccia.

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La gioia trabocca. Il vaso di coccio in cui ero contenuto è solo un vago ricordo perso tra i flutti della piena.
Mi riscopro a ripercorrere quest’ultimo tratto solo per il piacere di farlo, ammaliato da tanta Bellezza in cui sono immerso. Quando decido di proseguire, una vaga traccia rasenta un larice caduto perdendosi subitamente al centro d’un largo vallone da cui si intravede il facile azzurro del cielo.
E chi lo avrebbe mai detto? Quest’ultima rampa di biondo sciarnioon è tutta d’oro! Il bambino di otto anni che è in me esulta per quanto orgoglioso e commosso sarà da vecchio ottuagenario. Questo è il mio inestimabile Eldorado, la mia Benedizione e, al contempo, la peggiore delle mie maledizioni.
Per me, ora, non esiste altro al mondo. Niente mi fa sentire più vivo di innumerevoli vecchie Leggende e spaventose immensità selvagge da esplorare; radicate molto più dentro che al di fuori di me.

“Il corpo e la mente dell’Eroe sono la sua fortezza;
egli è al sicuro cinto fra le sue mura.
Tutt’intorno i vermi del mondo lo chiamano fuori, vogliono entrare.
Quando potranno farlo?”

Sono chiamato a rispondere.

CONSIDERAZIONI: Dalla fine della rampa, mantenendo la quota, si supera una larga e facile vallona. Alla successiva piana diramazione di cresta è già Val Marmino; il Bareck da lì è ben in vista.
VIE DI FUGA : Non presenti.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : Dal sentiero di carico lungo la Val di Busen fino alla Cappella dei Sasorc. Segnavia bianco e rosso dell’Alta Via della Valsassina. Leggere la relazione in merito.

OSSERVAZIONI: Al Baitel di Asen è possibile arrivarvi anche in traverso dalla Baita Salavaar, quest’ultima posta sulla Strada Militare per la Bocchetta di Stavello. Questo è forse, anche se meno consigliabile rispetto alla salita relazionata, un più ortodosso inizio.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Val da Leen indicata come Val d’Alchen. La Comunità Montana ha ben pensato di segnare anche questo tracciato, con buon segno grafico tranne in una porzioncina mancante, fino in Taecc. Mi raccomando; cartina topografica, calzature comode, borraccia, cestino del pic nic e caldo indumento di riserva. Buona gita a tutti!

  • Carta IGM

Traccia rappresentata molto interrotta ma corretta. Valle indicata con l’assonante toponimo Val d’Alen.

 

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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