PASSO LAVAGINO - ANELLO DI VENDULPIA
Cassiglio – Soglia – Vendulpià – Passo Lavagino – Vendulpià - Baitone
Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T4
Indicazioni : Cartellonistica artigianale.
Bollatura : Vecchi bolli arancioni; ripresi in rosso solo fino a Vendulpià
Traccia : Mulattiera, sentiero, assente.
Tempo di percorrenza : ca 4 [h]
Dislivello positivo : ca 1200 [m]
Periodo consigliato : Tarda estate ed autunno.
Nonostante la scostante bollatura e le sporadiche indicazioni, tutto l’itinerario si svolge in contesto di importante isolamento e di complessa orografia. Anello per escursionisti esperti e per la stagione giusta; lontana dalla neve che può rendere azzardato l’attraversamento dei canali della seconda metà del percorso.
Disponibilità acqua : Nessuna.
Appoggi : Nessuno.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
Vendulpià (letteralmente “Pian Valanga”) è un poggio naturale su un ripido incavo prativo sul lato orientale della cresta nord del Monte Araralta, sito poco prima della Corna del Colonnello. Su quegli antichi pascoli verticali, raggiunti ancora da una dimenticata via di carico proveniente dalle Baite Soglia sopra Cassiglio e diretta al Passo Baciamorti, un mesto rudere assiste all’inesorabile avanzata del bosco e dei mughi. Una sola stanza di pochi metri quadrati che oggi pare impossibile immaginare Casera, con la neve residua dei canali usata per conservare il formaggio - fame inestinguibile sotto l’ombra di un Passo Lavagino che ne stemperava il romito isolamento mettendola in comunicazione pure con le Baite Concoli in alta Val Raisere/Ancogno. Oggi nessun valico, nessun sentiero rompe più l’oblio di Vendulpià, travolta dalla consolante slavina dell’abbandono dell’uomo.
Vendulpià (letteralmente “Pian Valanga”) è un poggio naturale su un ripido incavo prativo sul lato orientale della cresta nord del Monte Araralta, sito poco prima della Corna del Colonnello. Su quegli antichi pascoli verticali, raggiunti ancora da una dimenticata via di carico proveniente dalle Baite Soglia sopra Cassiglio e diretta al Passo Baciamorti, un mesto rudere assiste all’inesorabile avanzata del bosco e dei mughi. Una sola stanza di pochi metri quadrati che oggi pare impossibile immaginare Casera, con la neve residua dei canali usata per conservare il formaggio - fame inestinguibile sotto l’ombra di un Passo Lavagino che ne stemperava il romito isolamento mettendola in comunicazione pure con le Baite Concoli in alta Val Raisere/Ancogno. Oggi nessun valico, nessun sentiero rompe più l’oblio di Vendulpià, travolta dalla consolante slavina dell’abbandono dell’uomo.
DESCRIZIONE: Partenza da Cassiglio, parcheggi di Via del Ponte. Come a voler tornare verso il Paese dal termine di questa si arriva ad un giardinetto pubblico; posto prima della “Locanda al Lago” e del Ponte di Ferro steso sul torrente Stabina. Qui, sulla sinistra, parte mestamente il sentiero per Soglia e Pendeggia.
Alto sopra strada e case, incerto nel prato dopo una ponteggia di cemento, la Via s’incunea in un verde canalino trovandone vigore all’uscita e nel traversare verso il bosco. Superando, con percorso tutto a volte, un grosso ajale (spiazzo di carbonera) giunge a girare sulla stessa costa della diga regalando uno scorcio pittoresco di Cassiglio dall’alto.
Incappato in un traliccio dell’alta tensione, bolli rossi accompagneranno il sedime fino ad un vicino bivio. Qui, una freccia di metallo su d’un albero indica a destra per “Soglia e Pendeggia” mentre un sasso a terra reca la scritta “Vendulpià e Colonel” per l’altra direzione. Seguendo il consiglio, subito si supera un erto canale con alberi schiantati approdando in un bosco senza traccia. Perseverando lungo la direzione si finisce sul largo sedime d’una mulattiera che in breve porta ai ruderi delle Baite Soglia, alcune ancora col commovente numero civico ben dipinto su un fazzoletto d’intonaco allo stipite.
Poco oltre l’ultima di esse, ad un bivio un faggio riporta la scritta “Passo Baciamorti” in arancione sulla liscia corteccia – se è il legno a parlare, e non la carne, dev’essere vero per forza! – e, lasciando quindi la bassa traccia diretta al Lago di Cassiglio ed al Canal Gazonera, punto alto.
Su traccia franata, si risale rasentando il Canalone dei Faggi fino a che i bolli non si decidono ad attraversarlo nei pressi di un osceno tappo di tolla giallo messo a mo’ di segnavia. Su destra idrografica ora, si sale su sentiero ad ampie volte fino a nuove indicazioni nei pressi di un bivio. Lasciando a destra la supposta strada per il “Colonel” (“Grotta o Corna?” Chiedo ad un altro giallo disco di plastica che pronuncia quel nome. Nessuno mi risponde, non è dunque dato saperlo) si continua a salire su medesimo sedime attraversando verso destra due vallecoline tributarie dei Faggi. Per infinito conoide vallivo, si guadagna altezza con innumerevoli tornanti ed ordinati ajali; posti a centro imbuto quasi a voler proteggere il forestiero dalla vista delle Gronde a fianco. Una svolta al proseguo arriva con il raggiungimento di un anonima selletta a monte di uno speroncino; inizio di una nuova rampa segnata da un piccolo cartello artigianale di marcio legno compensato. “Vendulpiano” dice, accompagnandolo dal disegno di un gobbo figuro in cammino, dall’aria sinistra, con oscene protuberanze in capo e sul bastone che tiene in mano. Lo straniamento è totale.
Finalmente, il passare sotto ad un impressionante roccione, avvia al termine della salita e ad un ampio largo ingresso al finale della costa a lungo rimontata. Una sella apre ad un lungo traverso a cui seguono una manciata di tornanti che schiudono al prato – ovvero al più basso lembo del pascolo residuo di Vendulpià. Per giovane boschetto di aceri si sale fino al un morbido erboso poggio dove riposano i poveri resti della Casera ed ecco ammirare il pensiero che va a chi fu spinto quassù da fame ed ingiustizie, in questo verde paradiso – spazzato ed ingombrato fino a tarda stagione dalle valanghe.
Da qui al Passo Lavagino la faccenda è semplice anche se molto faticosa; rasentando un roccione dirimpetto ai ruderi si punta tangente nel cuore del Canale di Vendulpià. Prima del bosco, si devia diretti a destra seguendo la lingua di prato tra due morbidi promontori coperti d’erba. Quindi, nel bosco, un traverso porta allo scoperto degli alti pascoli e, per macchie erose sotto lo sguardo dell’austera piramide del Pizzo Baciamorti, si punta al Passo disposto al piede di q.ta 1780 [IGM] e celato da una barriera d’intransigenti pini mughi.
Ma qui, dove non può che seguire una discesa sull’opposto versante, non oltrepasserò il Valico; da troppo tempo è dimentico d’uomo. Meglio prima fare le mie oneste presentazioni e mostrare buone intenzioni – mostrare il proprio vero volto alla stregua di un ungulato qualsiasi di grossa taglia.
E’ ora di tornare. Sono di nuovo alla Casera per medesima via diretto ad un altro finale.
Si oltrepassa a sud il Cale di vendulpià entrando presto nel bosco – ripide chine segnate da un sentierino che valica gli sgombri (perché piallati dalle valanghe) arcigni rami terminali dell’intransigente Canale Gazonera in cengette o passaggi strategici. Ed al diminuire di verticalità eccomi ben presto a scendere verso un artificiale occhio di prato dove campeggia un vecchio edificio in parte rimaneggiato.
Quindi, solo ora, specchiatomi nel putrido slavacc del Baitone, mi riconosco nell’oscura esoterica figura del cartello incontrato lungo la salita a Vendulpià. Piume in testa e sul bastone, indiano costretto in riserva dai suoi stessi simili.
VIE DI FUGA : Assenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO : Dal Baitone al Passo Baciamorti (vedere relazione in merito); quindi 101 delle Orobie Occidentali.
APPROFONDIMENTI
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
- Carta IGM
Zona rappresentata precisamente.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
- Silvio Saglio : “Prealpi comasche, varesine e bergamasche” – 1948
Poco più che una messa in prosa del coevo foglio IGM. Non chiamatela guida.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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