Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T6
Indicazioni : Assenti.
Bollatura : Bandierine rosse.
Traccia : Mulattiera, sentiero, assente.
Tempo di percorrenza : ca 3 [h]
Dislivello positivo : ca 500 [m]
Periodo consigliato : Tardo autunno.
Seppur esente da difficoltà di navigazione ed attrezzato (a tratti) da corde fisse, resta un itinerario destinato esclusivamente ad avventurieri esperti e ben equipaggiati. L’isolamento opprimente, il terreno dall’interminabile esposizione mortale e vertiginosa, la lunghezza dello sviluppo e la delicatezza delle condizioni al contorno (terreno asciutto e basso livello acqua del Caldone) impongono un’esperienza non comune su terreni complessi e faticosi.
Disponibilità acqua : Nessuna.
Appoggi : Nessuno.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
DESCRIZIONE: Partenza dal piazzale della funivia di Erna. Discesi su Via ai Poggi si giunge a Versasio seguendo il sentiero 918. All’interno del vecchio borgo, seguendo il “sentiero Rotary” (segnavia 920) si superano le suggestive antiche abitazioni ed i successivi prativi fino ad un isolato cascinale onorato dal vicino passaggio del Raccordo della SS36 per la Valsassina. Grazie ad un sottopassaggio si supera il nastro d’asfalto e per osceno devastato tratto tra cavalcavia e frane si giunge fino ad un buon sentiero. Una staccionata orla il bel passaggio scavato nella roccia per il ponticello del Passo del Lupo steso sulle limpide pozze del Torrente Caldone; specchi cristallini che poco si fan lusingare dal cittadino accalorato che le insegue nell’angusto budello alle loro spalle. Alzando invece gli occhi al cielo, la vista impressiona con la statale sospesa nel vuoto rinserrato tra due verticali pareti rocciose; una del Monte Duemani e l’altra della Bastionata d’Erna.
Salendo su sponda opposta ci si innesta, in corrispondenza d’un pianoro, sul segnavia 922 per Morterone che si segue fino ad un pista sterrata trasversale al sentiero – triste residuato d’un errato progetto della Nuova Lecco Ballabio. Assecondandola verso destra, si lascia il grezzo imbocco di una galleria (uscita di emergenza del Raccordo SS36) per arrestarsi in faccia ad una liscia placca di roccia emersa dalla terra con gli scavi della strada. Su di essa, una corda di tapparella penzolante aiuta a rimontare l’erto bosco sopra alla bocca della galleria “Passo del Lupo”. Un traverso ed un giro di volta aprono ad un canale franato dopo cui i bolli rimonterebbero un grosso masso aggirato invece al di sotto da una rampa in sasso a secco su cui, comunque, ci si immette per salire ad una placca segnata da passi intagliati. Un tratto piano sorretto da muretto di sostegno porta a diagonalizzare ascendendo sui sassi sapientemente disposti a mo’ di gradini su d’una ripida striatura di roccia del pendio.
Ora, una breve aerea cengia di roccia, ottimo pulpito panoramico disposto sulla dorsale della Forcola, avvia ad una leggera discesa su d’una traballante traccia rocciosa naturalmente segnata su d’un un pendio quasi verticale. Con essa si giunge per gradoni al passaggio chiave della Via; ovvero ad un piano espostissimo traverso non protetto che da due vetuste zanche di ferro a sostegno di crollate pontegge lignee.
Vecchio chiodi ritorti piantati nella roccia e tranciate corde di ferro pieno annodate sugli alberi reclamano antiche necessità di protezione che supplico ad un vecchio martoriato carpino rassomigliante ai miei occhi increduli il nero fantasma di uno di quei rudi alpigiani. Tornate le corde si procede verso una scaletta a secco ricreante la minima costante superficie d’appoggio a cui i miei piedi sono stati abituato fin’ora.
Un traverso impostato su sostegni a secco porta a massi disposti che aiutano a scendere leggermente fino ad un nerbo che, aggirato, conduce (catene) ad una franosa appoggiata concavità del pendio. Oltre una vallecolina funi metalliche guainate di blu riportano alle difficoltà (selettivo esposto passo di II su masso proteso) sotto l’allarmato grido di roccia della prospiciente dirimpetta pala di Q.ta 671 [CTR].
Una sguarnita esposta rampa terrosa schiude una micro serie di due tornanti che permettono di alzarsi su d’un passo sostenuto da massi disposti secco prima della ripida discesa al piede di un sinistro umido antro. Con traverso sdrucciolevole si penetra in un tetro bosco, nato nell’abbraccio di pareti intransigenti, verso un intaglio alla base della più frontale di esse. Aggiratolo, un diedro prelude ad una pinna del pendio che si aggira per per calare in nuovo malo bosco. Su terreno franoso e placche di roccia marcia si ascende a ripidi prativi aperti sull’ormai irresistibile richiamo della sirena Caldone. La Via, anch’essa corrotta da tali esortazioni, vi giunge in una meravigliosa piazza d’acque con macigni disposti a regale corona.
Rimontata la sinistra idrografica, si procede in piano verso un nuovo e più rischioso guado in equilibrio tra una fune stesa e tondi capoccioni sferzati dalla corrente a monte d’una ragguardevole cascatella.
Ancora su sponda destra idrografica, per esposto traverso si giunge in un catino vallivo con segnata una possibile uscita per la strada di Morterone. Seguendo invece la logica del torrente, per placca proseguo aprendo una lunga serie di traversi, rialzi ed abbassi su rocce ed esposti traversi oscultati da paure senza nome materializzate in altissimi tetti incombenti su di me. L’ultimo degradare al greto del torrente è una liberazione; esausto, ignoro altre funi che mi consigliano di rasentare duramente la parete di sinistra per tenere i piedi asciutti. Ora basta, liberamente, piedi in acqua come in un biblico battesimo, seguo il torrente superare un grottino che prelude un magico incontro.
Qui, su d’una placida ansa ghiaiosa del riappacificato Caldone, due gendarmi di roccia mi introducono nel regno di Boazzo. Coperti di muschio da capo a piedi, atterriscono per antichità e saviezza di giudizio. Da loro, quale umano, ricevo il saluto al lupo. La Bestia più famelica ed orgogliosa, sempre in insaziabile ricerca di risorse, spazi ed orizzonti. Oggi il passo da lupo è stato mio; i gendarmi me lo ricordano. La giusta movenza verso uno stato di “canis” lontano da innaturali ammansimenti da circo della modernità – finalmente “Lupus”, finalmente libero e selvaggio.
VIE DI FUGA : Non presenti, o almeno, non facilmente individuabili – bretella per la pista di Boazzo (Antica Strada Comunale per Morterone) esclusa a circa tre quarti dell’intero sviluppo complessivo.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO : Da Boazzo alla Forcola per l’ Antica Strada Comunale per Morterone. Da lì giù al Passo del Lupo lungo il sentiero 922.
OSSERVAZIONI :
– Tra il primo ed il secondo guado, una freccia di legno indica la famosa “cascata” (invernale) della Val del Giazz.
– Nonostante l’immane lavoro di posizionamento delle corde, queste restano solo un coadiuvo alla progressione; mai un sistema di assicurazione di tipo “ferrata”.
– La storicità di alcuni tratti è dubbia principalmente perché troppo alpinistica; non è da escludersi il crollo delle antiche strutture di sostegno e di frane ri-naturalizzate che hanno imposto uno sviluppo alternativo/creativo dato dalle effettive possibilità di /progressione assicurazione scovate dal ri-apritore di questa Via.
– Sulla maggior celerità di questa Via rispetto all’Antica Strada per Morterone si possono lecitamente nutrire dubbi. Forse solo in ottime condizioni di questa (e di intenso traffico sulla viabilità comunale!) era possibile, con passo svelto e sicuro, limare qualcosa in termini di tempo – oltre che di sicurezza. Se di sicurezza allora si poteva parlare…
Il mio più sentito grazie a colui che ha posto questa Via alla mia attenzione.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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