MONTE ROTONDO DA NORD - CRESTA DELLE CINQUE CIME

Laveggiolo (Gerola) – Alpe Piazza – Monte Rotondo

  • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti

T3- (fino al Pizzo Olano)

T3/T4 (fino al Monte Combana)

T4 (fino al Monte Stavello)

T5/T6 (fino al Monte Rotondo – alcuni delicati passaggi di II su roccia in discesa dallo Stavello);

Indicazioni : Assenti.

Bollatura : bolli azzurri “Rosetta Skyrace” fino alla sella dopo il Pizzo dei Galli – Assente

Traccia : Sentiero, traccia, assente.

  • Tempo di percorrenza : ca 3,5 [h] dall’Alpe Piazza. 11 [h] il giro completo.

  • Dislivello positivo : ca 1700 [m]

  • Periodo consigliato : da tarda Primavera ad inizio Autunno.

Itinerario alpino maestoso che, per lunghezza e difficoltà, è destinato esclusivamente ad escursionisti esperti ed allenati. Terreno asciutto, meteo stabile e buone condizioni di visibilità requisiti fondamentali.

  • Disponibilità acqua : Agli alpeggi. Ultima acqua all’Alpe Piazza.

  • Appoggi : Bivacco Alpe Piazza.

  • Data di stesura relazione : Primi anni venti.

La regale dorsale delle Orobie Occidentali, distesa dal Legnone al Rotondo in lineare direzione E-NE, subisce un deciso viraggio verso sud al suo affacciarsi in Val Gerola. Da nord subentra infatti una poderosa costiera, irsuta di cime, a fornire la sponda sinistra idrografica al bacino del torrente Bitto e una trascendente Via di salita per cresta al Monte Rotondo. La possibilità questa di guardare dall’alto le valli laterali di Gerola, immaginandole ancora misteriose, avvolte dal velo d’innocenza della fanciullezza dell’uomo.

La regale dorsale delle Orobie Occidentali, distesa dal Legnone al Rotondo in lineare direzione E-NE, subisce un deciso viraggio verso sud al suo affacciarsi in Val Gerola. Da nord subentra infatti una poderosa costiera, irsuta di cime, a fornire la sponda sinistra idrografica al bacino del torrente Bitto e una trascendente Via di salita per cresta al Monte Rotondo. La possibilità questa di guardare dall’alto le valli laterali di Gerola, immaginandole ancora misteriose, avvolte dal velo d’innocenza della fanciullezza dell’uomo.

DESCRIZIONE: Partenza dallo slargo al tornate antecedente la frazione Laveggiolo di Gerola. Seguendo le indicazioni del ristoro Alpe Stavello si supera da vicino e a monte la frazione San Giovanni di Ravizze. Piegando ad ovest dopo una leggera salita si giunge ad una radura dove il pistone devia a sinistra. Un tempo qui, a destra, una bella mulattiera dai grossi massi conduceva al letto del corso d’acqua della Val di Pai; oggi e per il futuro invece, la farsa d’un recupero storico della fittizia (almeno per gli itinerari prescelti) “viabilità transorobica” ha sbancato la storia a colpi di ruspa per piegarla all’effimero divertimento delle bici. Nel procedere con tristezza infinita riconosco ancora un lembo del vecchio camminamento; quattro lastroni disposti a mo di gradini per risalire un caratteristico masso intagliato. Li salgo, e mi sento letteralmente sulla forca del periodo storico che m’è toccato in sorte.

Fangosissimi tornanti e ripidi traversi dalla canaline di scolo in ferro già occluse rendono odioso il procedere. Per fortuna vecchi bolli CAI aiutano a ritrovare momentaneamente lembi martoriati d’un vecchio sentiero, bretella per la Valle di Pai alla mulattiera dell’Alpe Combana proveniente da Masoncelli di Pedesina. Sfilando un larice secolare s’è ormai però obbligati a procede su “ciclabile sterrata” fino all’ampio spiazzo di un’Alpe Combana che, adagiata su d’uno spiazzo della dorsale orientale del Monte Stavello, per un momento soltanto, sarà in grado di cancellare il triste contesto da cui si proviene.

Su medesimo sedime, per ampio semicerchio si guada la Valle di Combana e, in magico lariceto si esce allo scoperto sulla costa del Monte Rosetta su cui poggia l’Alpe Ciof. Quella che era la GVO (Gran Via delle Orobie), un magnifico trekking orobico da Delebio all’Aprica, qui risulta irrintracciabile. Rimaneggiato, dimenticato, depennato e bennato obbliga alla solita evidenza della ciclabile ed all’inconcludenza delle necessità della ruota. Superata la Baita Ven dopo il torrente di Val Mala si giunge alla Baita del Prato dove, non intenzionati a scendere fino a Bar Bianco, liberamente per pascoli si taglia a riprendere lo sterro di poc’anzi. Non c’è recriminazione da parte mia nei confronti di tutte queste piste e nella loro presenza qui. Anche i luoghi crescono con l’umanità che li ha generati. Il candore, la purezza della serietà alpestre della gioventù dell’uomo ha lasciato spazio alla messinscena e alla ricerca della comodità che segue alla maturità.

Nei pressi dell’alveo della valle del Fiume si abbandona lo sterrato per mesto sentierino (GVO) perso nell’erba alta che porta più direttamente alla Casera d’Olano. L’apertura alla vista dell’alto bacino del Pian di Sprisui, contornato dalla corona di altezza del Pizzo Olano e del Monte Combana destabilizza per armonia e classicità. Ho ancora dimenticato su cosa ho camminato per arrivare fin qui.

Su pista gippabile, verso NE, si lascia finalmente il mondo delle larghe carreggiate picchiate in mezzo ai pascoli per l’autentico spirito della GVO. Un sentiero in fitto bosco d’aghifoglia raggiunge felice il fondo della Val Giuta dove, allo stallone, gli si passa alle spalle raggiungendo presto un nuovo pascolo con cascine. Rimontando la cresta sud-orientale del Monte Pecoraro si supera un bel fontanile in direzione di un’alta croce di legno pronta ad anticipare la schiusa dell’amena conca dell’Alpe Piazza. Qualcosa però mi chiama oltre. Irresistibilmente supero il bel bivacco ricavato in un locale dell’alpe, due isolate recuperate cascine e la morbida onda di pascolo sul limitare dell’orizzonte. Vedo ora i due selvaggi rami di Val Lesina incunearsi contro la muraglia orobica stesa dal Legnone al Rotondo. Torno a respirare piano, liberamente; pronto a raggiungerla in volo.

Il Pizzo dei Galli si rispecchia per me nelle acque limpide dello slavacc dell’Alpe Piazza rendendosi invitante. Una fontanile cela alle sue spalle una larga dorsale ben sentierata. Cominciando a salire la traccia, ripida e masochista come alla gara a cui ben si addice, si addossa al filo di cresta abbandonandolo solo alla bisogna quando non più percorribile. Una grande croce di ferro si para davanti all’improvviso segnando l’inizio dell’alta traversata per cresta fino alla nera Madonna del Rotondo.
Scendendo ad una vicina sella si lasciano andare un paio di sentieri che scendono a valle per rimontare il regolare cono appuntito del Pizzo Olano su zizagante traccia. Alla croce il mondo ci ciò che è noto finisce e io mi sento finalmente a casa.

Concedendosi sulla destra si lascia il rotto filo per ballerine cenge con radi segni di passo. Allo scendere la traccia si fa percepibile conducendo per percorso arioso fino alla sella (traccia discendente alla Baita di Cima) al termine d’un possente diedro che si scopre d’aver saggiamente aggirato. Il proseguo è osteggiato da un’affilata pinna d’erba e roccia che, rasentata a destra sul suo ripido fianco, avvia alla lunga salita del Monte Combana. Una salita di cresta strana, caratterizzata da una flebile traccia di capre sul lato di Lesina che vi si approssima e vi si allontana ritmicamente e con condivisibile saggezza.
Una verde ariosa larga spalla invita a salire di volata il Monte Rosetta. Essa però nasconde alla vista un tratto affilato con semplici divertenti roccette (I) prima della sella di quota 2304. La cima solleticata si può finalmente raggiungere anch’essa appoggiandosi brevemente lato Gerola nella prima parte di salita.
Dalla nuova sommità raggiunta, rocce rotte e filo esposto degradano sparendo alla Bocchetta del Pecoraio (quota 2305) per poi ripresentarsi rafforzate con il nuovo salire ed offrendo una divertente ricerca della via tra le placche sommitali del Monte Stavello.
Tempo e spazio non hanno più senso dove il confine tra cielo e Terra si è ribaltato e dove la nuova verde piatta cresta continua verso il cielo dietro al Rotondo come ad allettare un delicato finale. Sedotto da essa la vedo però crollare in un frenetico crescendo in ben due occasioni, lasciandomi solo con le severe squame della vita.

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I facili passi di arrampicata sulle placconate terminali non contano poi molto quando nelle orecchie già si sentono le vesti ferree della Madonna schioccare al vento.

La cresta sud orientale del Rotondo, sentierata dall’Alta Via della Valsassina e dai traversi del sentiero Cadorna conducono presto alla Bocchetta di Stavello. L’alto Bacino della Val di Pai abbraccia una fetta buona d’orizzonte ed una tracciolina diretta all’Alpe Stavello. Per isolate gradinate ed un magnifico vallo proteso su d’un dirupo si giunge al Ristoro Alpe Stavello. Ritrovata la GVO sono pronto a tornare a casa.
La cengia artificiale per Svanollino, selciata sopra terrapieni sorretti da muri a secco, calcata alla luce radente d’un normale tramonto è forse tutto quello di cui ero in cerca fin da stamane all’alba. Dopo esser passato tra posticcie ciclabili piene di boria e creste vergini affilate dal vento austero, questa è invero la più dolce via per la saggezza.

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VIE DI FUGA : Indicate, dove presenti, già in relazione.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : Itinerario completo di discesa.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:25000 “FORESTE DI LOMBARDIA – VAL GEROLA”

Zona rappresentato correttamente o almeno com’era prima della febbre delle e-bike e delle r-uspe.

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Zona coperta dal pannello illustrativo dei buoni comportamenti del bravo escursionista; primo dei quali non affidarsi mai a questa carta.

  • Carta IGM

Zona rappresentato correttamente, sia pur anacronisticamente.

 

 

 

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • “Le Valli del Bitto” – A.Savonitto

Itinerario n°20 – “Traversata delle dieci cime” – EEA

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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