PERIPLO DI LIERNA - CRESTA DELLA TAGLIATA e MONTE CUCCO

Sornico - Saioli – Zucco Sileggio – La Tagliata - Cima Pelagia – Monte Cucco - Mezzedo - Gesso

  • Difficoltà :

Intero Itinerario : Percorso Escursionistico T2

Indicazioni : Buone;

Bollatura : Buona;

Traccia : Pista, Mulattiera, sentiero;

Cresta dal Sileggio alla Forcella dell’Alpe: Percorso per Escursionisti Esperti T4

Indicazioni : Nessuna;

Bollatura : Nessuna;

Traccia : Labile o assente;

  • Tempo di salita : ca 4 o 5 [h] per completare la cresta fino alla Forcella dell’Alpe.
  • Dislivello positivo : 1500 ca
  • Periodo consigliato : Aprile – Novembre

La navigazione in questo itinerario non necessita obbligatoriamente di buone condizioni di visibilità. La relativa bassa quota di sviluppo la rende un’ottima uscita d’inizio stagione. Attenzione alle zecche!

  • Disponibilità acqua : Saioli – Sileggio – Mezzedo
  • Appoggi : Rifugio Legnone – Barach di Manzoo
  • Data di stesura relazione: Primi anni venti.

“La Grigna è un mondo.” Questa celebre verità, espressa da Riccardo Cassin in un suo scritto, è oggi spesso fraintesa nell’accezione di un “altro” mondo. Un pianeta dai naturali e cangianti colori, ben distanti e separati dalla grigia quotidianità. Un pianeta da raggiungere nei giorni di festa in smania di relax o di sport. Ma non esiste distacco tra le cose di questo mondo. La Grigna è un mondo perché sempre di questo mondo, ed è un mondo perché contiene al suo interno una miriade di forme e di proporzioni che possono essere solo sue; così specificatamente caratterizzate che è impossibile confonderne l’origine. L’unione di tutte le parti, ognuna a suo modo speciale, che traggono forza ed identità dalla loro stessa unità. Di fronte a tanta viva complessità e bellezza; l’avventurarsi tra le sue mille sfaccettature per conoscerla a fondo è lo scoprirsi inevitabilmente innamorati. Questa selvaggia ed affilata cresta che domina e racchiude tutta Lierna non fa eccezione. Solo in Grigna così!

“La Grigna è un mondo.” Questa celebre verità, espressa da Riccardo Cassin in un suo scritto, è oggi spesso fraintesa nell’accezione di un “altro” mondo. Un pianeta dai naturali e cangianti colori, ben distanti e separati dalla grigia quotidianità. Un pianeta da raggiungere nei giorni di festa in smania di relax o di sport. Ma non esiste distacco tra le cose di questo mondo. La Grigna è un mondo perché sempre di questo mondo, ed è un mondo perché contiene al suo interno una miriade di forme e di proporzioni che possono essere solo sue; così specificatamente caratterizzate che è impossibile confonderne l’origine. L’unione di tutte le parti, ognuna a suo modo speciale, che traggono forza ed identità dalla loro stessa unità. Di fronte a tanta viva complessità e bellezza; l’avventurarsi tra le sue mille sfaccettature per conoscerla a fondo è lo scoprirsi inevitabilmente innamorati. Questa selvaggia ed affilata cresta che domina e racchiude tutta Lierna non fa eccezione. Solo in Grigna così!

DESCRIZIONE: Partenza dalla frazione Sornico di Lierna. Questo antico e piccolo borgo, insieme ai vicini prossimi Olcianico e Mugiasco, delimitano l’abitato di Lierna a sud ed a est prima della sua dolce e curata campagna. Un tempo ben definiti e distaccati dal resto, sono ora raggiunti da nuove villette, strade e costruzioni che ne intaccano l’impatto visivo e l’aura romantica. L’arco con abitazione annessa che sovrasta la rampa d’accesso acciottolata per Sornico è però davvero un degno e suggestivo inizio per i propositi di circumnavigazione a cui si anela. Superato il nucleo storico di strette viuzze ed antiche vicinissime case, un marcato bivio dominato da una cappella prelude alla vicina chiesetta dell’Oratorio di San Michele Arcangelo. Soavemente arroccata tra la selciata mulattiera e il sottostante torrente, il seguire il piatto campanile verso l’alto con lo sguardo svela un’ottima visuale sull’aerea cresta che corona la piana di Lierna e delle sue frazioni. Le gambe di fronte a tale prospettiva mancano di forza nonostante siano chiamate per ora solo a percorrere l’insieme di larghe strade e le piane mulattiere del Sentiero del Viandante. Le chiare indicazioni portano subito ad attraversare un ponte e a raggiungere un antico e scoperto lavatoio. Tra antiche ville e cascinali, proprio appena si comincia a sentirsi a proprio agio nell’immaginarsi un pellegrino in viaggio, il lambire troppo da vicino e troppo lungamente la superstrada rimetterà la fantasia a posto strappandola dal torpore. Non c’è più nessun credo calato dall’alto per il quale mettersi in cammino e sentirsi giustificati. Ognuno deve cercarsi la propria fede, immaginandosi i propri passi e rispondendo, alla fine dei propri giorni, direttamente all’Esistenza della bontà delle proprie scelte e della perseveranza avuta in esse.

L’edicola votiva dei Saioli è un importante crocevia che interrompe, sia pur brevemente, il flusso di dubbi ed interrogativi. Nonostante sia tappezzata tutt’intorno dalle composizioni di un “poeta” locale, non vi ho scorto però nulla che potesse aiutare a rendere il lungo e duro cammino più lieto o più significativo. Tra tante affissioni, la cartellonistica aiuta; la direttrice da prendere ora è Somana. Sempre seguendo le frecce arancioni del Viandante, su monotono tratturo si giunge al suo cimitero posto sui verdi poggi che ne sormontano l’abitato. Puntato il più elevato nucleo di case, si perviene in Sonvico; la più elevata frazione di Mandello del Lario su questo lato del torrente Meria. Nel suo cuore più antico nasce la medioevale mulattiera diretta a Santa Maria e ad Era. Nel lasciarsi saggiamente condurre da lei, si attraversano in leggera salita solivi terrazzamenti mentre i lucidi ciottoli dei suoi gradini ed il muro a secco di contenimento vengono presto affiancati da sobrie e nere croci poste ai lati ad indicare le stazioni della Via Crucis. All’avvenuta condanna a morte di Gesù, la si abbandona puntando decisamente a monte in uno stretto budello seguendo le indicazioni per lo Zucco di Sileggio. Sbucati su una pista di servizio, la si calca giusto il tempo di attraversarla, nei pressi di una bella baita. Si rientra nel bosco dove il sentiero, sotto la sua ombra, rimonta senza sosta e senza pietà una lunga serie di ripidissime rampe. Sbarcati in cresta si raggiunge con non meno fatica il versante nord occidentale del Sileggio ed un solitario diroccato baitello dalla sorgiva sorgente d’acqua. La panoramica e maestosa croce di vetta è ormai prossima ed apre ad una superba vista sul lago e su tutto il selvaggio versante mandellese delle Grigne.

Procedere su buon sentiero in direzione nord superando il Bivacco Sforza posto su di un verde longilineo spiazzo. Il luogo è davvero incantato, ben tenuto e la Grigna sfacciatamente sensuale. Troppe beltà distraggono lo sguardo dal vero proseguo del cammino e presto si è di nuovo nel bosco, la vista occlusa ed in discesa verso la vicina Bocchetta di Verdascia. Poco prima di giungervi, un’apertura della faggeta regala una vista che esalta e atterrisce.

Questa cresta fa pagare caramente la distratta mancanza di attenzioni di poc’anzi. Quasi fosse umana, esibisce risentita in primo piano una caotica muraglia di corna rocciose ed impenetrabili boschetti, in precipitosa fuga verso il basso su entrambi gli sfuggenti ripidi fianchi. Al di sopra, ecco invece alcune morbide balze erbose; isolate ed adagiate a picco, si mostrano punteggiate da rade betulle ed isolati faggi. Tra loro c’è la Tagliata. Oltre, c’è più ordine e pulizia con la Cima di Pelagia e la Cima del Monte Cucco ma le linee sono aspre e ripide e grande è la lontananza a cui sono poste.

La Bocchetta di Verdascia è presto raggiunta. Nonostante sia ben fermo il proposito di seguire il filo di cresta, l’unica opzione attuabile ora è seguire il sentiero ufficiale diretto alla Bocchetta di Calivazzo. Un intransigente sperone roccioso sbarra infatti il passo ed obbliga a traversare a destra. Assecondato il sentiero giusto il tempo di effettuare qualche di serpentina, la cresta torna visibile e raggiungibile nelle invitanti fattezze di un colletto ingombro d’erba. Rimontata direttamente l’erta china che lo separa dal sentiero si risbuca in dorsale. Qui, una flebile traccia conduce a sinistra sulla sgombra sommità dello sperone che si è stati costretti ad aggirare. Puntati di nuovo gli occhi a nord, una spoglia rampa conduce in un dedalo di affioramenti rocciosi lambiti su ogni lato da asfissianti arbusti. Combattendo duramente con la vegetazione, bisogna destreggiarsi, con buon intuito tra tanto caos, risalendo in facile arrampicata tutti i risalti e le placche che si parano d’innanzi sul cammino. L’esposizione di alcuni passaggi è mitigata dall’effimera protezione che sembrano offrire i rami che tutto circondano. Più avanti, un poco meno rotta e turbata, la cresta trova una linea di sviluppo meno confusa che le fa abbandonare un pelo di durezza. Si giunge così su di un poggio conteso da un lato dal bosco e dall’altro da un ripido scivolo che sembra voglia depositarci direttamente ad Era. Su percorso ormai logico si scende ad una depressione e risalendo l’opposto versante si raggiunge la Tagliata. Lo sguardo ora sempre fisso a Nord è tutto per l’affilata ondulata linea che si distende con piccoli ma marcati saliscendi fino ad incunearsi nell’imponente contrafforte della Cima di Pelagia. Trovatovi anche un labile sentierino di capre, è un’autentica delizia contesa tra lo strapiombo roccioso a sinistra e i ripidi prati a destra. Questa autentica spuma dell’onda trova il suo apogeo rimontate le pendici basali dello Zucco di Savia. Qui il salto di roccia affianco si fa d’un tratto voragine mozzafiato fatta di pareti di roccia strapiombanti dominate da arcigne torri mentre gli opposti scivoli d’erba si verticalizzano fuori da ogni logica.

L’ormai evanescente traccia a terra punta diretta all’unico punto debole dello Zucco di Savia con un paio di esposti traversi. Il primo, il meno problematico, avviene rasentando la caduta di roccia ad occidente permettendo così di raggiungere un marcato intaglio della cresta. Con avanzamento elicoidale, il secondo espostissimo traverso punta a superare a mezzacosta una spina laterale dalla verticalità disturbante. Il passaggio chiave della giornata prevede di non assecondare la sua apparente volontà di effettuare un successivo folle volteggio verso sud ma di procedere dritto rimontando senza traccia una meno verticale balza dell’impressionante pendio; scivolo che i locali affettuosamente chiamano vendui (slavina). Da lì si ritrova la cresta principale che, orfana ormai di traccia, con altri brevi violenti strappi porta all’arioso Zucco di Savia. La porta del paradiso non è mai stata così stretta ed angusta. Nello sforzarsi di passarci attraverso ne ha guadagnato l’eden al di là, che si mostra adesso di una bellezza oltre ogni aspettativa. Una dolce verdissima sella ha incastonato sul versante di Mandello un superbo cespuglio di compatti faggi la cui chioma a monte segue parallela il pendio. Esso stenta però a svettare oltre al filo di cresta, quasi sbirciando dal suo nascondiglio il lago, ben al riparo dai suoi venti. Attardandosi volontariamente su questa fune tesa tra lo Zucco di Savia e la Cima Pelagia, nel far correre gli occhi si potrà far inciampare il pensiero su di una minuscola croce di acciaio inossidabile che a fatica occhieggia dall’erba di una costa, pochi metri più sotto, verso Lierna. Faggio e croce si contendono, dai rispettivi versanti e a circa dalla medesima altezza, lo stupore del pellegrino. Mai sazi, è ora la Cima di Pelagia ad accoglierci con la sua minuscola croce coronata dalla faggeta alle sue spalle. Concedendosi solo ora uno sguardo a Sud, lo Zucco di Sileggio appare così lontano e la cresta appena percorsa affascinante e misteriosa come non mai.

Il proseguo è di nuovo verso Nord. Lambendo il bosco e costeggiando le spoglie pendici sommitali delle fasce rocciose di Piancherada, su rade e varie tracce si perviene all’amena Bocchetta di Lierna. Bordeggiando a debita distanza gli strapiombi coronati da massicci sassi degli aggettanti sottostanti salti di roccia dei Pianchitt e sfilando a ridosso della magica macchia di destra, su sentiero si rimonta la cresta sommitale che in breve conduce alla piccola croce di legno ferrato della Cima del Monte Cucco. Con un solo singolo salto si riesce ad abbracciare tutta il percorso fatto fino ad ora insieme a tutta Lierna.

La curiosità spinge a seguire le tracce a terra che dalla croce a fil di cresta se ne allontanano. Su facile e tortuoso discendere, queste si affievoliscono viepiù fino a scomparire in corrispondenza di una larga sella boscosa ai piedi del Sasso del Monte Cucco. Lo si aggira sulla sinistra in facile traverso tra le piante e su sfasciumi. Raggiunta una marcata costa laterale, si prosegue infilandosi in una lunga rientranza della parete. Ritrovato il filo di cresta principale, senza storia ma con molto fastidio, si superano alcuni minori raggruppamenti rocciosi facendosi largo tra la vegetazione opprimente. Risollevati e provati si può finalmente calcare la Forcella dell’Alpe. Il dramma è finito. Un comodo e largo sentiero condurrà a Lierna passando da Mezzedo. Questa rinomata e turistica alpe a picco sulla Riva Bianca attende paziente il nostro arrivo con una panchina così romantica e pittoresca che è impossibile non fermarsi a ritrarla.

La discesa continua raggiungendo la panoramica croce del Brentalone. Traversando in piano si prende il sentiero 72b che in un lungo susseguirsi di saliscendi a mezzacosta permette di raggiungere pregevolissimi scorci paesaggistici e, più avanti, il sentiero 73 diretto da Sornico alla Bocchetta di Lierna. Raggiunta la località Predanè, prima di ritornare a San Michele, una preziosa deviazione porta all’Alpe Gesso dove un diroccato casello, immerso in occhio di verde nel bosco, lascia intravedere la dignità e l’austerità passata attraverso il tetto sfondato e le porte divelte.

AlpeGessoFIL

Una vicina fonte d’acqua allieta col suo canto la magia del momento; perché il raggiunger l’Alpe Gesso ha il sapore di una rivelazione. La Grigna è davvero un mondo. Un mondo fatto di gesso. La Grigna, come l’alabastro, si lascia segnare dalla mano dell’uomo e si lucida al suo passaggio. L’uomo devoto che in essa ricerca la propria umanità riversandovi fantasia ed azione, in un costante equilibrio di rimozione del superfluo e di riduzione ai minimi termini, finirà per essere plasmato dalla stessa materia a cui attinge la sua arte. E nel guardarsi dentro, dopo tanto difficile cammino e tanto difficile lavoro, non saprà più distinguere l’opera dal suo creatore.

VIE DI FUGA : Dalla Cima di Pelagia è possibile raggiungere facilmente la Bocchetta di Calivazzo che è calcata da numerosi sentieri ufficiali compreso quello lasciato poco oltre la bocchetta di Verdascia. La Cresta del Monte Cucco è abbandonabile, con dubbio guadagno e tranne nel superamento del suo Sasso, in ogni momento verso destra attraverso il bosco in direzione Alpe di Lierna e Alpe di Esino.

SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : La relazione è completa di discesa.

 

APPROFONDIMENTI

 

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Itinerario di cresta correttamente non rappresentato al di fuori della deviazione verso la croce del Monte Cucco. Sentieristica di Lierna gravemente lacunosa.

  • Carta 1:20000 “Gruppo delle Grigne”

La Tagliata è raggiunta da una traccia in cresta che, raggiunti i pendii basali dello Zucco di Savia (non nominato ma quotato), traversa però in piano verso la Bocchetta di Calivazzo. Cresta del Monte cucco senza rappresentazione alcuna di tracce.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • gulliver.it : “Croce (Monte) e Zucco Sileggio da Sonvico, anello” autore sconosciuto.

Sconclusionata relazione di uno sconclusionato itinerario. Definita “facile” la cresta della Tagliata.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

Tutti i diritti riservati.

Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele