PIZZO CORNAGERA - CRESTA NORD
Premana – Faggio di Piancone – Chiarino – P.zo Alben – P.zo Cornagera – Laghitt - Barconcelli - Premana
- Difficoltà :
Intero Itinerario : Percorso Escursionistico T2
Indicazioni : scarne ma inequivocabili;
Bollatura : Datata;
Traccia : Mulattiera, sentiero;
Salita al Faggio di Piancone: Percorso per Escursionisti Esperti T3+
Indicazioni : Assenti;
Bollatura : Assente;
Traccia : labile traccia;
Cresta Nord: Percorso per Escursionisti Esperti T4
Indicazioni : Assenti;
Bollatura : Assente;
Traccia : Assente;
- Tempo di salita : ca 5 [h]
- Dislivello positivo : ca 1400 [m]
- Periodo consigliato : Giugno – Ottobre (cresta Nord)
Una discreta visibilità si rende necessaria nel tratto tra i P.zi Alben e Cornagera anche se la logica di cresta è evidente. Il Faggio di Piancone è uno spettacolo in ogni stagione e con ogni tempo.
- Disponibilità acqua : le d’Alben – Sorg.Lavina Grande – Alpe Barconcelli – Alpe Forno – Gebbio
- Appoggi : Nessuno.
- Data di stesura relazione: Metà anni dieci.
Un imprevisto ritorno all’infanzia; la riscoperta dell’innocenza nel piacere di lasciarsi sorprendere dal riascoltare una vecchia storia, sempre nuova. Tra alpeggi incantati, antichi boschi che celano il loro re e una cresta selvaggia, ponte tra due ameni poggi, si snoda un itinerario dove bellezza e saggezza sono elargite a piene mani, in un’aura fiabesca che non fa pesare tanta generosità.
Un imprevisto ritorno all’infanzia; la riscoperta dell’innocenza nel piacere di lasciarsi sorprendere dal riascoltare una vecchia storia, sempre nuova. Tra alpeggi incantati, antichi boschi che celano il loro re e una cresta selvaggia, ponte tra due ameni poggi, si snoda un itinerario dove bellezza e saggezza sono elargite a piene mani, in un’aura fiabesca che non fa pesare tanta generosità.
DESCRIZIONE : Partenza da Premana, zona industriale. Superati i capannoni, attraversare il Varrone su di un suggestivo ponte di pietra ad arco. Raggiunta l’altra sponda si è subito in Lavinol, il primo di molti alpeggi lungo il cammino. Superato un primo agglomerato di ben tenute case un tratto più aperto tra muriccioli a secco conduce al secondo, prima di risalire su mulattiera in un romantico castagneto. Sbucare sulla pista sterrata di servizio e seguirla fino a poco oltre un vicino tornate. Ritrovatala sulla destra, lasciarsi docilmente condurre tra le sparse e pittoresche baite dell’Alpe Porcile, in una curata campagna di una bellezza commovente e senza tempo. Un giardino sotto lo sguardo sempre vigile di Premana, arroccata a picco sulla ValVarrone. Avvicinandosi verso le Stalle Zucco, un bel passamano e alcune edicole votive sbucano ai lati ad ornamento dell’antico camminamento.
Oltre, la fine di un breve tratto in un giovane bosco, consente alla pista di servizio di intralciare un’altra volta il cammino. Puntare invece direttamente ad un ben visibile pittoresco gruppo di baite, ben allo scoperto nel prato. Uno struggente, ma breve, tratto di mulattiera, orlato di un’educata processione di potate piante, conduce all’arcaica verde piazza delle Stalle d’Alben. Tetti di piode e muri a secco la contengono su tre lati lasciando aperta la vista a valle, mentre un incassato fontanile di pietra intona una canzone senza età. Terminata la sosta e spezzato l’incantesimo che ci vorrebbe tramutati in un sasso di un muro o in un filo d’erba della piazza, puntare decisi verso il cuore della Val Marcia superando proprio una cappella che la rappresenta a sfondo di una Madonna adorante. Sfilate tutte le costruzioni, di nuovo su prato, ritrovare la pista sterrata di servizio. Dopo non molto, lo storico sentiero rispunta sulla destra intrufolandosi nella faggeta. Raggiunta la marcata costa che apre alla laterale Val di Piancone, in prossimità di alcuni modeste sporgenze rocciose, una flebile traccia abbandona la strada maestra puntando misteriosamente e direttamente verso l’alto.
Solo all’inizio segnata da sbiaditi e vari bolli, fin da subito invasa dalle foglie secche dei faggi che la sovrastano, con repentine svolte essa raggiunge velocemente la cresta districandosi tra le rocce e gli alberi. Succubi del richiamo dell’ignoto lasciarsi sedurre da lei che, invitante e sempre sul punto di svanire, risale direttamente la cresta sud ovest del Pizzo d’Alben. Concedendosi alcune puntate a destra o a sinistra del filo principale per superare alcuni più ostici risalti rocciosi o tratti di vegetazione indomabile, la percepibile ed oggettiva inaffidabilità della traccia acuisce il carattere selvaggio e remoto dell’ambientazione. Le perplessità pesano sulle gambe ben più che la natura ripida e ostica del procedere. Transitati sopra di un grosso cumulo di rocce e vinto un erto tratto più aperto, la direttrice di cresta, unico vero riferimento in questo dedalo naturale, porta ad incontrare il maestro di palazzo alla corte del Re delle foreste delle Orobie Occidentali. Un maestoso, vecchio e sgraziato faggio, mutilato da tempo immemore da chissà quale tempesta o nevicata, schiude dietro a se un aperto corridoio lambito a monte e a valle dal bosco. Imboccatolo, la sensazione di solennità è permeante e l’incombenza dell’importanza di ciò che si sta per manifestare atterrisce. E quando finalmente maggior luce inonda l’ampia ed austera sala del trono, il vessillo vivente di una natura primigenia e possente si mostra magnifico ed imponente.
Le nodose radici, avviluppate tra loro ed avvinghiate alla montagna tanto in profondità da affondare dentro al cuore della terra, sono le fondamenta dei due rugosi ed argentei tronchi che, giuntatisi alla base, sono pilastri dell’immensa volta frondosa che punta all’eternità. Non c’è più stanchezza nel fermarsi in sua compagnia. Non c’è meraviglia più genuina che lo scoprirlo da ogni angolazione ed un brivido nasce nell’accarezzargli la dura scorza. Si vorrebbe quasi volerlo accompagnare quanto più possibile tra i secoli, quasi a cercare d’essere depositari un poco anche noi di tanta manifesta saggezza. Il re, comprensivo e mansueto, attende il suggello di ogni primo incontro. Una ed una sola domanda si ha disposizione da porgli. Io mi sedetti su di un suo vicino immenso ramo schiantatosi al suolo e chiesi. La primavera incombente gli incastonava i rami di smeraldine gemme, tutte in gioco a danzare con la luce del primo mattino. Ottenni solo un leggero ed impercettibile stormire alla leggera brezza di quel giorno. Mi bastò; eccome!
Non esiste saluto di commiato, qui, senza straziante promessa di ritorno. Colmi di pace e di nuova linfa, è tempo di partire. Una mesta freccia di legno, conficcata nel fieno magro sul limitare del bosco, punta a Nord Ovest ed indica Alpe Chiarino. Seguirne il suggerimento, entrando nell’ombra della selva fino a ritrovare il filo di cresta. La traccia, particolarmente incerta e labile, porta poi ad attraversare alcuni ripidi canali del fianco ovest del Pizzo d’Alben tra tratti più o meno aperti. Aiutati ora nella navigazione da bianche bandierine e da paletti per recinzioni elettriche, ridiscendere nell’oscurità di un pendio boscoso che mostra confusi segni di passaggio umano. Il materializzarsi di una magica apertura, solitaria e silenziosa, porta via con se anche le poche certezze rimaste. L’orientamento è messo alla prova dalla lunga strada macinata dal varco e dalla mancata apparizione dell’alpe. Bandierine e paletti non ci sono più e tutto sembra racchiuso in questa illogica rinchiusa realtà. In realtà, stanato un sentierino che allontanandosi procede di traverso in direzione Nord est, ben presto si sbocca di nuovo sulla pista di servizio; qui non più larga di un paio di metri. Indicazioni in loco per il Faggio di Piancone.
Seguirla risollevati. Appena usciti allo scoperto, Chiarino è subito in vista. Posata in bilico sul proprio erto pascolo strappato al bosco, fronteggia radiosa la corona di regali cime che la circondano. Il seguire con lo sguardo i pinnacoli di fumo di qualche camino acceso dà le vertigini. Tutto è sfuggente e slanciato, proteso verso l’alto. Un nido d’aquila di pietra e legno.
Sulla direttrice principale della dorsale, a monte del nucleo abitato, un lariceto di squisite proporzioni e spaziatura, accompagna il ben marcato sentiero fin poco sotto la regale croce di vetta del Pizzo d’Alben. Raggiunta la cima, lo sguardo, complice la già metabolizzata e non dissimile superba vista da Chiarino, è tutto rivolto a Nord. Un selvaggio e vergine crinale, lambito inizialmente da sporadici residui larici, innesta un moto armonico di alti e bassi su di una linea di cresta vorticosamente precipite sulle visibile e parallele Valli di Piancone, Foppone e d’Ombrega. A nulla può la perfetta ambientazione da merenda del Pizzo d’Alben. La chiamata è suadente ed irresistibile. Raggiunto tutto d’un fiato un primo brullo cimotto (Camerolt), la cresta Nord del Pizzo Cornagera si mostra in pienezza; un aggrovigliato ed altalenate filo teso, esposto tra la Val Marcia e quella di Barconcelli.
Inutile soffermarsi troppo dettagliatamente su ogni singolo passaggio dell’aerea traversata verso il Cornagera. Ogni elevazione minore e ogni depressione va conquistata senza abbandonare l’aereo filo di cresta. Un paio di passaggi in discesa richiedono un minimo di studio del percorso; il tutto in un contesto grandioso e remoto dove esposizione e difficoltà tecniche sono compagne sempre presenti ma mai ingestibili. La fine cavalcata giunge bruscamente, anticipata da una marcata anticima (Forsceliin) e dalla sempre più prossima costiera settentrionale della Val Biandino; aspra e ripida testata terminale delle due laterali già nominate. La cresta termina così diramandosi, facendosi vetta e con il progressivo schiudersi di un nuovo mondo a sfondo. Il Cornagera domina, dalla sua posizione centrale, tutta la lunga costiera che dal Cimone di Margno corre fino al Pizzo Tre Signori. Da questo lato, immensi prati scivolano decisi per lungo tratto in entrambe le direzioni prima di tuffarsi ripidi in Biandino. Si è a tutti gli effetti su di una cima di frontiera situata sulla cresta confine tra la giurisdizione, i colori e le proporzioni delle cime di Premana e quelle della circoscrizione del Tre Signori. L’ineffabile contrasto dona carattere e calore allo spoglio poggio ed invita alla sosta ed alla contemplazione.
Dopo tanto cammino, ora sono gli occhi a vagare e a posarsi liberamente su tanta possibilità di scelta. La direttrice di discesa è presto definita dalla curiosità nata dalla vista di un solitario monolite conficcato tra le morbide ondulazioni erbose dove l’opposta costa della Valle di Barconelli si giunta con la cresta Est del Cornagera. Avvicinandosi si scopre che esso è la minuscola ed arcaica cappella della località Laghitt. Aliena e immateriale, magnifica e sigilla l’incanto mai venuto meno di questo fiabesco errare.
VIE DI FUGA : Non presenti lungo la cresta Nord del P.zo Cornagera.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : L’opzione forse più coerente, lambisce le pendici della cresta nord percorsa in salita. Dietro la cappella di Laghitt, un buon sentiero permette di scendere verso la fresca sorgente Lavina Grande in alta Val Barconcelli. Raggiunta poi l’omonima Alpe e la poco distante Alpe Casarsa, prendere la gippabile strada dei Forni per Premana.
APPROFONDIMENTI
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
- Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”
Itinerario di cresta a collegamento di Pizzi Alben e Cornagera correttamente non rappresentato. Nessuna indicazione presente a riguardo del Faggio di Piancone. Pista di servizio sterrata assente in quanto di realizzazione postuma alla stampa.
RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :
- Alessio Pezzotta: “ ALPI OROBIE OVER 2000 – OROBIE OCCIDENTALI”
Concatenamento dei Pizzi Alben e Cornagera lungo la “lunga ma facile” dorsale che li collega. Difficoltà EE. Anticima quotata a 2011 m.s.l. Relazione ermetica ma valida.
La comunanza di toponimi ( “Cornagera” e “Alben”) con le più famose cime bergamasche non aiuta la ricerca. Comunque:
- Hikr.org : “ Pizzo Alben e Pizzo Cornagiera” di Andrea!
Faggio di Piancone raggiunto da Chiarino. Discesa effettuata per il rifugio Ombrega. Relazione superficiale e scherzosa.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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